Dazio protettivo o sistema di libero scambio

Friedrich Engels (1847.06.10)


Pubblicato in: Deutsche-Brusseler-Zeitung, n. 46,

Tradotto indirettamente dalla versione in inglese presente sul MIA e trascritto da: Leonardo Maria Battisti, settembre 2018


Dacché penuria di denaro e di credito costrinsero il re di Prussia a emanar le patenti del 3 febbraio1, niun uomo assennato poté dubitar che la monarchia assoluta tedesca, il regime cristiano-germanico durato finora (noto pure sotto il nome di “governo paterno”) abbia abdicato per sempre malgrado ogni riluttanza e ogni discorso agguerrito del trono.

Così venne il giorno da cui datare il dominio della borghesia tedesca. Le patenti in sé sono nulla, solo un riconoscimento del potere della borghesia ancora avvolto da tanto fumo e nebbia di Potsdam. In gran parte quel fumo e quella nebbia sono già stati dispersi da qualche debole soffio della Dieta riunita, e posto tutta la figura nebbiosa e spettrale cristiano-germanica sarà dissolta nel suo nulla.

Ma, iniziato il dominio della borghesia, doveva farsi avanti pure la rivendicazione che tutta la politica estera della Germania, ovvero dello Zollverein2, fosse tolta dalle mani incapaci dei prìncipi tedeschi, dei loro ministri e dei burocrati altezzosi ma affatto ottusi e ignoranti in fatto di commercio e industria, e che fosse resa dipendente e decisa da chi abbia la conoscenza necessaria e l'interesse più diretto alla cosa. Cioè: alla decisione della sola borghesia doveva essere affidata la questione dei dazi protettivi e differenziali, o del libero scambio.

La Dieta riunita di Berlino ha mostrato al governo che la borghesia sa di cosa abbisogni; nelle recenti trattative sui dazi si è fatto presente al sistema governativo di Spandau3 con parole assai chiare e dure, che esso è incapace di capire, proteggere e favorire gl'interessi materiali. Il solo affare di Cracovia4 sarebbe bastato per stampare sulla fronte del Guglielmo della Santa Alleanza5 e dei suoi ministri il marchio dell'incapacità più grande o del tradimento più colpevole contro il benessere del Paese. Ma, con terrore del signore supremo e delle sue eccellenze, vennero fuori ulteriori cose, su cui i talenti e le conoscenze reali e ministeriali (presenti o passate) poterono tutt'altro che sentirsi lusingate.

Invero pure la borghesia su industria e commercio è divisa fra due opinioni. Ma certo il partito favorevole ai dazi protettivi, o differenziali, è di gran lunga il più forte, il più numeroso e predominante. In realtà la borghesia non può reggersi, rafforzarsi, arrivar al potere illimitato senza curar la sua industria e il suo commercio con mezzi artificiali. Senza una protezione contro l'industria straniera essa sarebbe schiacciata e calpestata entro un decennio.

È possibile che la protezione non l'aiuti molto né a lungo. Ha aspettato troppo, è rimasta troppo tranquilla nelle fasce in cui per tanti anni i suoi cari prìncipi l'hanno avvolta. La borghesia tedesca è aggirata e superata sotto ogni aspetto, le hanno strappato le posizioni migliori, mentre in patria si lasciava dare tranquillamente le «scudisciate» e manco aveva tanta energia da sottrarsi ai paterni maestri e censori in parte idioti, in parte assai astuti.

Ora le cose sono mutate. D'ora in poi i prìncipi tedeschi possono essere solo i servitori della borghesia, solo il puntino sulla i della borghesia. Finché per il potere di quest'ultima c'è ancora tempo e opportunità, la protezione dell'industria e del commercio tedeschi è l'unica base su cui possa reggersi. E la borghesia saprà pure ottenere ciò che vuole e che deve volere di fronte ai prìncipi tedeschi.

Oltre alla borghesia c'è però un notevole numero di persone chiamate proletari: la classe lavoratrice e nullatenente. Indi si chiede: cosa guadagna questa dall'introduzione del sistema protezionista? Otterrà così un maggior salario, potrà nutrirsi e vestirsi meglio, avere case più sane, qualche tempo per riposare e istruirsi, qualche mezzo per un'educazione più razionale e accurata dei suoi figli?

I signori della borghesia che sostengono il sistema protezionista non mancano di portare alla ribalta il benessere della classe lavoratrice. A sentir loro, con la protezione dell'industria inizia pei lavoratori una vita davvero paradisiaca, anzi la Germania diviene una terra di Canaan ove per i proletari «scorrono il latte e il miele» [Esodo, 3, 8].

D'altronde a sentir i liberoscambisti, solo applicando il loro sistema i nullatenenti potrebbero vivere «come Dio in Francia», cioè felici e contenti al massimo.

Da ambe le parti ci sono ancora teste ottuse che più o meno credono alla verità delle loro stesse parole. I savi sanno benissimo che tutto ciò è un vano inganno, calcolato solo per fuorviare e attirare la massa.

Non serve dir ai borghesi savi che il lavoratore (col sistema protezionista o con quello liberoscambista o con un sistema misto) non ottiene un salario superiore a quello corrispondete al suo più scarso sostentamento. Con un sistema o l'altro, il lavoratore riceve il compenso atto a farlo restar come macchina in funzione.

Così che vincano i protezionisti o i liberoscambisti pare che non caglia al proletario e al nullatenente.

Ma poiché, come si è detto, la borghesia tedesca ha bisogno di protezione contro i Paesi stranieri per eliminare i resti medievali di un'aristocrazia feudale e i moderni parassiti «per grazia divina», e per sviluppare in modo chiaro e puro la sua essenza più intima, allora pure alla classe operaia cale ciò che aiuti la borghesia a conquistare il dominio.

Solo se esista una sola classe sfruttatrice e oppressiva (la borghesia), se il bisogno e la miseria non possano più essere addebitati ora a questo, ora a quel ceto, o solo alla monarchia assoluta con i suoi burocrati, solo allora scoppia l'ultima lotta decisiva, la lotta fra possidenti e nullatenenti, fra borghesia e proletariato.

Al che il campo di battaglia è mondo da tutti gli ostacoli inutili, di tutti gli accessori ingannevoli: la posizione dei due eserciti nemici è chiara e perspicua.

Col dominio della borghesia pure i lavoratori, trascinati dalla situazione, compiono un progresso infinitamente importante: non insorgono e non si ribellano più isolati, in poche centinaia o migliaia al massimo, contro lo stato di cose esistente, ma attaccano come una sola classe (dai suoi particolari interessi e princìpi) il loro ultimo e peggiore nemico (la borghesia) con un piano comune e con le forze riunite.

L'esito di tale lotta è indubbio. La borghesia [minoritaria] cadrà, deve cadere ante il proletariato [maggioritario], così come l'aristocrazia e la monarchia assoluta hanno ricevuto il colpo mortale dalla borghesia.

Insieme con la borghesia crolla pure la proprietà privata, e la vittoria della classe lavoratrice mette fine per sempre a ogni dominio di classe e di casta.


Note

1. Si tratta delle Patenti di Federico Guglielmo IV del 3 febbraio 1847 sulla convocazione della Dieta riunita prussiana. Essa riuniva le otto diete provinciali esistenti. Doveva essere convocata a discrezione del re, i suoi poteri si limitavano alla concessione di nuovi prestiti in tempo di pace e all'approvazione di nuove tasse o di aumenti delle tasse; sui progetti di legge aveva solo voto consultivo e aveva solo il diritto di rivolger petizioni al re. Aperta l'11 aprile 1847, la Dieta riunita fu sciolta per ordine del re già il 26 giugno poiché la maggioranza respinse tutte le richieste di denaro del governo e votò contro il nuovo prestito di Stato.

2. Zollverein [Unione doganale fra gli Stati tedeschi]: un primo passo verso l'unificazione della Germania eliminando i dazi interni e stabilendo in comune quelli esterni. Fu formata il 1834.01.01 dalla Prussia e da altri Stati della Confederazione germanica; si estese gradualmente a tutti gli Stati tedeschi, salvo l'Austria, le libere città anseatiche (Lubecca, Amburgo, Brema) e alcuni Stati minori della Germania del nord.

3. La fortezza di Spandau presso Berlino era un centro di esercitazioni militari e un carcere per «criminali politici»; il suo nome è usato qui da Engels come simbolo del sistema politico reazionario prussiano.

4. Engels si riferisce al consenso del governo prussiano verso l'annessione di Cracovia all'Austria, dopo la repressione dell'insurrezione di Cracovia del 1846. A seguito di questa annessione, tra l'altro, Cracovia entrò nella sfera doganale austriaca e le merci prussiane vi erano gravate di dazi più elevati.

5. Federico Guglielmo IV.


Ultima modifica 2018.09.13